La pergamena si ridusse in cenere tra le mie dita, consumata dall’incantesimo che avevo tentato – e fallito – di controllare. Un’ondata di risate soffocate mi raggiunse dal fondo dell’aula. Ancora un errore. Ancora uno sguardo sprezzante di qualche rampollo della nobiltà glantriana. Chi ero io, dopotutto? Un bastardo con la pretesa di studiare alla loro scuola. Ma loro non sapevano. Non sapevano quanto avessi studiato, quanto avessi sacrificato. E non sapevano che, un giorno, avrebbero parlato del mio nome con timore e rispetto.
Ero solo il figlio di una concubina di Jherek, questo era il solo e unico modo per far sì che mio padre potesse accettarmi.
“Come puoi cacciarlo via? Il tuo sangue scorre pur sempre in lui, Jherek”
Lo sguardo torvo di mio padre quel giorno mi piombò addosso come un enorme macigno. Eppure allora vide qualcosa in me, vide il potenziale di un giovane e piccolo mago. E così passai tutta la mia infanzia. Ogni giorno passato a dimostrare quanto valessi, quanto fossi intelligente e capace, ogni giorno a faticare un briciolo di approvazione… che sembrava non arrivare mai. Tutto ciò, aveva fatto sì che potessi andare alla Grande Scuola di Magia di Glantri, pur non avendomi mai riconosciuto; la mia unica occasione per fargli capire chi fossi davvero.
Il professor Malakar sospirò pesantemente. «Vindemiatrix, la teoria è nulla senza il controllo. Se non riesci a padroneggiare un semplice incantesimo di combustione controllata, come pensi di poter affrontare l'evocazione o l'alterazione della materia?»
Non risposi. Alzai lo sguardo, trovando gli occhi di un paio di studenti che mi fissavano con divertita condiscendenza. Ralindi sussurrò qualcosa a uno dei suoi compagni e una risatina si diffuse come un’eco velenosa.
«Vuole riprovare, signor Vindemiatrix?» chiese Malakar, incrociando le braccia.
Mi schiarii la gola e annuii. Sapevo che non avevo scelta. Qualsiasi altra risposta sarebbe stata vista come debolezza, e a Glantri la debolezza si paga cara.
Presi un respiro profondo, focalizzando l'energia magica che sentivo fluire nel mio sangue. Questa volta non avrei permesso che il potere mi sfuggisse. Recitai la formula con calma, il suono delle parole antiche vibrava nell'aria come un filo teso. La pergamena prese fuoco, ma invece di dissolversi in cenere incontrollata, la fiamma danzò con precisione, avvolgendola in un bagliore dorato prima di consumarla con grazia.
Silenzio.
Persino Malakar sembrò sorpreso. «Meglio.» Fece un cenno con la testa e passò al prossimo studente. Ma io sapevo di aver fatto più di un semplice miglioramento. Avevo dato loro una dimostrazione.
Mentre uscivo dall’aula, sentii un sussurro alle mie spalle. «Forse il bastardo ha imparato qualcosa, dopotutto.»
Non mi voltai. Non ne avevo bisogno. Avevo appena fatto il primo passo verso qualcosa di più grande. E non mi sarei fermato.
Gli anni passarono, e la Grande Scuola di Magia divenne il mio campo di battaglia. Ogni incantesimo padroneggiato, ogni formula appresa, ogni duello vinto erano pietre posate sulla strada che mi avrebbe portato al mio obiettivo. Non potevo permettermi distrazioni, non potevo permettermi debolezze. Sapevo che per farmi un nome avrei dovuto ottenere qualcosa di straordinario.
Dopo tutti quegli anni finalmente ero quasi alla fine del mio percorso, la strada che avevo tracciato con tanta cura stava per aprirmi le porte e la chiave era l’esame finale, che da lì a poco avrei dovuto sostenere.
"Ormai manca poco al grande giorno, vero Vinde?”
"Così pare Malcolm"
Risposi restando seduto con lo sguardo rivolto verso alcune vecchie pergamene.
"Eppure non sembri per niente nervoso"
"Perché non lo sono"
"Strano"
"Lo sarebbe se non mi considerassi all'altezza di tale prova, Malcolm.
Controbattei ancora una volta.
"Secondo me la zuppa di pesce ti ha dato alla testa"
Rispose Malcolm con un leggero ghigno.
"Meglio così; finalmente il paparino potrà apprezzarti meglio"
Il mio sguardo si accese improvvisamente, fulminando istantaneamente quello del mio compagno.
"Non aggiungo altro, ti lascio concentrare in pace"
Disse infine Malcolm, lasciando la stanza.
Finalmente solo, pensai sollevato.
Quello di non far trasparire i miei pensieri era sempre stato un dono utile, nessuna magia poteva essere più potente di un’abilità innata.
Ma la verità era ben altra, il diploma era l'unica cosa che mi ostacolava dall'essere riconosciuto come figlio legittimo di uno dei più grandi maghi di Glantri.
I giorni prima della prova finale sembravano non passare mai, le notti diventarono insonni e ogni esercitazione sembrava non raggiungere mai la perfezione.
Quella di essere riconosciuto non era l'unica cosa a cui ambivo. Il diploma era un segno di rivalsa verso tutti coloro che mi avevano denigrato, preso in giro e discriminato durante tutti gli anni passati in quella maledetta scuola. Era la chiave per una porta assai più grande; ove oltre vi si trovavano tutte le più grandi opportunità a cui ambivo.
Il professor Malakar aprì la porta del suo studio, chiudendosi dentro. Preso dall’ansia cominciò goffamente a prendere tutto ciò che aveva sulla propria scrivania, scaraventandolo dentro un apparente specchio magico.
“Apri subito la porta Malakar, non costringermi a farti fare la fine del topo”
Il professore fece sparire velocemente lo specchio mentre il rumore dei forti colpi sbattuti sulla porta non faceva altro che alimentare la sua agitazione.
“Arrivo, arrivo, solo un momento”
Rispose Malakar con un leggero tremolio della voce. E, senza far aspettare troppo il suo ospite aprì la porta, conscio di sapere chi da lì a poco avrebbe dovuto affrontare.
Di fronte a lui apparve un uomo robusto, dai capelli scuri e la barba folta.
“Ho esaurito la pazienza Malakar, ti ho dato anche troppo tempo, e soldi. Siccome il tempo è difficile da riavere vorrei almeno i 10000dc. che ti ho amichevolmente prestato. Altrimenti potrai dire addio al tuo…
“Professore? E’ permesso?”
L’uomo smise improvvisamente di parlare, guardò il professor Malakar dritto negli occhi un’ultima volta e aggiunse:
“Una settimana Malakar, non un giorno di più.”
Per poi sparire in una strana polvere grigiastra.
Malakar si lasciò sfuggire un sospiro colmo di sollievo.
“Avanti, chi mi cerca?”
“Sono io professore, se è possibile avrei bisogno di un consiglio”
“Ah, Ralindi, certo, sicuro, accomodati pure”.
Il ragazzo entrò pacatamente e si sedette allo stesso modo, appoggiando i gomiti sulla scrivania di Malakar.
“E’ per mio fratello, o meglio, fratellastro”.
“Vindemiatrix?”
Chiese incuriosito il professore.
“Già, proprio così, professore, come ben sa, fra due giorni ci sarà la prova finale per il diploma. Quel bastardo del mio fratellastro è già superiore agli occhi di mio padre rispetto a me. Se conquisterà il diploma con facilità gli sarò per sempre secondo.”
Ralindi alzò la testa e guardò il professore dritto negli occhi.
“So che la metto in una posizione difficile, le chiedo solo di sostenermi come ha sempre fatto, dopotutto non sarebbe la prima volta, vero professore?”
Gli occhi di Malakar si spensero di terrore e si illuminarono di opportunità allo stesso tempo.
“Ma certo, dopotutto tu sei di gran lunga superiore a tuo fra… ehm a Vindemiatrix”
Il tono di Malakar si fece improvvisamente più sicuro.
“Ci sarebbe un modo per rallentare la sua ascesa”
Gli occhi di Ralindi si colmarono di perfida speranza.
“Non mi tenga sulle spine, professore”
“Beh, vedi? Se ci fosse qualcosa che effettivamente potrebbe escludere Vindemiatrix dalla prova finale come: non so, magari un’accusa di furto, di qualche pergamena…”
“Ho capito professore.”
Esclamò Ralindi interrompendo Malakar.
“Non ho finito. Se si accuserà di furto Vindemiatrix verranno prima di tutto fatte delle verifiche per sapere se è la verità, su questo ti posso aiutare. Inoltre: dovrai sfidarlo a duello. In quel caso, sarai tu a doverlo sconfiggere, quale occasione migliore per dimostrare a tuo padre chi è il più capace, nevvero Ralindi?”
Gli occhi del ragazzo si accesero ancora di più.
“In un duello, e come?”
“Beh, dovrai ripagare il favore, i duelli costano e so bene come poter sfruttare la cosa a mio vantaggio, come avrai sentito prima, i soldi servono sempre”.
“Capisco, quindi sarà lei a proporre il duello come soluzione all’accusa che arrecherò ai danni di mio fratello”.
“Esattamente, ora va, hai poco tempo e io tante cose da sbrigare. Mi raccomando, una sola parola su questa conversazione e…”
“Certo professore, come al solito, inoltre, se dovesse andare bene, sa benissimo che ne avrà solo beneficio.”
Ralindi lasciò l’ufficio di Malakar, lasciandolo da solo.
Non potevo chiedere di meglio.
Pensò il professore mentre sfregava compulsivamente le mani.
Se gioco bene le mie carte, con questo scherzetto riuscirò a fare ben più di quello che devo a Eldrion. Considerando che chi vorrà assistere dovrà pagare almeno 500dc per poter partecipare.
Il sole declinava, tingendo d’oro le guglie della scuola. L’aria era carica di tensione: era il giorno dell’esame finale per gli aspiranti maghi. Vindemiatrix avanzava con passo sicuro nella Sala delle Prove, il cuore colmo di attesa. Aveva trascorso anni tra quelle mura, affinando il suo talento, superando ogni ostacolo con disciplina e astuzia.
Davanti a lui, il Principe Etienne sedeva con gli altri maestri della scuola, pronto a giudicare la sua ultima prova. Tuttavia, prima che potesse iniziare, un brusio inquietante attraversò l’aula. Due guardie entrarono con passo pesante, accompagnate da Ralindi, il suo fratellastro, che lo indicava con uno sguardo colmo di accusa.
“Fermatelo!» esclamò Ralindi. “Ha rubato una delle pergamene proibite!”
Un silenzio raggelante avvolse la sala. Vindemiatrix sgranò gli occhi, incredulo. “Cosa?”
Uno dei maestri si alzò, scrutandolo severamente. “Abbiamo trovato la pergamena nella tua stanza, Vindemiatrix. Come spieghi questo?”
La sua mente corse veloce. Lui non aveva mai toccato quella pergamena. Qualcuno doveva avergliela messa lì. Il suo sguardo incontrò quello di Ralindi, e il sospetto si tramutò in certezza.
“È una menzogna!” gridò Vindemiatrix, ma nessuno sembrava disposto a credergli.
Il verdetto arrivò rapidamente: esclusione dall’esame, espulsione dalla scuola.
“Perché non farli sfidare in un duello?”
I maestri si girarono tutti velocemente verso Malakar.
“Un duello!?, professor Malakar, i duelli fra studenti…”
“Certo, i duelli sono quasi un tabù, ma perché non prendere due piccioni con una fava, Ralindi e Vindemiatrix sono entrambi miei studenti, trovo che questa prova possa sia scagionare uno di loro che essere considerata come prova finale dell’esame”
I restanti maestri rimasero in silenzio.
“Ebbene, dovremmo ragionarci su”
Rispose uno di loro.
“Per il momento gli esami di oggi verranno spostati a data da destinarsi.
Ralindi nascose un ghigno, il piano stava proseguendo esattamente come voleva.
L’influenza di Malakar fu decisiva e con qualche piccolo escamotage riuscì a far organizzare il duello, dopotutto ci sono poche decisioni che non possono essere comprate e più che un duello scolastico divenne una disputa politica interna tra professori. La data fu fissata, e l’arena preparata.
Nel giardino, gli studenti finivano di sistemare le ultime file di sedili di legno, mentre la folla di visitatori prendeva posto dopo aver pagato il tributo di 500dc. L’attesa era febbrile: un duello tra maghi non era evento raro, ma la disputa tra Ralindi e Vindemiatrix era una questione personale, un dramma familiare esposto agli occhi della nazione intera.
Mentre i due maghi si preparavano in stanze separate, raccogliendo ingredienti arcani e oggetti incantati, nel giardino si completava la preparazione dell’arena. Un cerchio anti-magia bianco, ampio 150 metri di diametro avrebbe impedito che le forze arcane si riversassero sugli spettatori. All’interno, gli incantatori della scuola terminavano l’incantesimo del terreno illusorio: buche invisibili, mostri legati da catene d’ombra, inganni e pericoli nascosti avrebbero reso la sfida più di un semplice confronto di potere.
Un rintocco di campana annunciò il momento. I due studenti vennero condotti bendati nell’arena. Al segnale, sciolsero le bende e si voltarono l’uno verso l’altro.
Ralindi sollevò velocemente la mano, evocando tre frecce di energia splendenti che gli vorticavano intorno. Vindemiatrix cominciò a salmodiare, senza farsi spaventare e mantenendo la concentrazione.
La battaglia esplose in un lampo. Ralindi scagliò i suoi dardi, ferendo il fratellastro, che, a denti stretti salmodiò ancora una volta per poi scompartire improvvisamente. “Dove diamine è finito?” Pensò Ralindi, cercando di scorgere qualcosa dalla polvere che si era alzata.
D’un tratto una nube oscura avvolse completamente l’arena, Ralindi era completamente accecato e, in preda al panico, cominciò a recitare un incantesimo di levitazione, sollervarsi in volo era l’unica via di fuga da quella nube. Era sul punto di finire quando sentì la voce di Vindemiatrix proprio dietro di lui “vuoi già dartela a gambe?” Con una mossa fulminea, evocò un’enorme massa di fili appiccicosi proprio come una ragnatela, aveva appena cambiato l’incantesimo all’ultimo e con leggero affanno rispose “beh, ora sei tu quello in trappola” La nera coltre di fumo cominciò a sbiadire “sei proprio sicuro?” Ralindi sentì nuovamente la voce del fratellastro, ma questa volta provenire da un luogo diverso, come aveva fatto a sfuggirgli? A muoversi così lontano in così poco tempo. Ralindi era così concentrato nel voler vincere che non aveva pensato a un incantesimo così semplice da capire, accecato dalla rabbia corse velocemente fuori la nube, ma ad aspettarlo non c’era Vindemiatrix, bensì un enorme golem d’ossa, pronto a colpirlo. Ralindi cominciò a sudare freddo, era ancora in tempo a correre via da un probabile attacco, dopotutto sapeva che i mostri nell’arena erano incatenati, ma non fece in tempo a scappare che un altro golem, questa volta diverso, lo prese per la collottola con sguardo minaccioso. La sua presa era talmente stretta da impedirgli persino di recitare un ultimo incantesimo. A quel punto Vindemiatrix si rivelò, la coltre di fumo era ormai dissipata, e, salmodiando un ultimo incantesimo, rese il corpo del fratellastro come di marmo, immobile.
La situazione era chiara, Ralindi aveva perso.
Un brusio percosse il pubblico, e il Principe Etienne si alzò con uno sguardo indagatore.
Un applauso esplose tra gli studenti e gli spettatori. Vindemiatrix chiuse gli occhi un istante, e abbassò lentamente la mano.
Dagli spalti una voce echeggiò per tutta l’arena.
“Dati i fatti avvenuti, e siccome le capacità dello studente Vindemiatrix sono state appena valutate in combattimento, la scuola ha l’onore di scagionare il mago dalle accuse e conferirgli il diploma della scuola di magia di Glantri”.
Ralindi fu subito messo in salvo. E con aria sconfitta si girò un’ultima volta verso il fratellastro.
“Ma come hai fatto?!”
Vindemiatrix si girò lentamente.
“Era tutta un’illusione. Ho usato i primi due incantesimi per visualizzare le trappole nascoste nell’arena e per rendermi invisibile. Dopodiché ti ho fatto credere con un incantesimo che fossi vicino a te, quando in realtà ero molto più lontano e, infine, il primo golem che hai incontrato, quello d’ossa, era una semplice creazione spettrale, innocua, ma tanto da bastare a farti correre verso il vero pericolo. Alla fine, sei indenne, non ti avrei mai fatto del male”.
Ralindi sbiancò, era stato sconfitto senza subire nemmeno un graffio. Dopodiché si chiuse in un lungo silenzio, mentre alcuni maghi cominciarono a scortarlo fuori dall’arena.
Finalmente. Pensò Vindemiatrix; finalmente posso reclamare chi sono davvero.